L’art. 7-quater del DL 155/2024, il cui Ddl. di conversione è stato approvato ieri in prima lettura dal Senato, rinvia al 16 gennaio 2025 il termine per il pagamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, come anticipato dal MEF con il comunicato n. 136 diffuso il 27 novembre 2024. Di fatto la norma entrerà in vigore dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale MA POSSIAMO DI FATTO APPLICARE COME DEFINITIVA LA MODIFICA DELLA NORMATIVA
Versamenti rateizzabili
in 5 tranches.
Anziché
in un’unica soluzione entro il 16 gennaio 2025, il versamento potrà essere
eseguito in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di
gennaio, con scadenza il giorno 16 di ogni mese. Sulle rate successive alla
prima sono dovuti gli interessi nella misura del 4% annuo (0,33% mensile) ex artt.
20 comma
2 del DLgs. 241/97 e 5 comma 1 del DM 21
maggio 2009.
Per
chi volesse pagare in unica soluzione vale f24 già a vostre mani MA SOLO PER LA
SEZIONE ERARIO, per chi invece intendesse avvalersi della rateazione lo Studio
potrà elaborare gli f24 con ravvedimento da Gennaio 2025.
Cortesemente
vi chiediamo di inviarci un eml ad inizio Gennaio.
Come lo scorso anno,
rimangono esclusi dalla proroga: i “contributi
previdenziali e assistenziali” (si tratta, ad esempio, dei contributi INPS
dovuti dai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata ex L. 335/95 e dagli artigiani e commercianti); i premi assicurativi INAIL.
La
disposizione ricalca quella contenuta nell’art.
4 del
DL 145/2023, per cui, nel delineare l’ambito applicativo della
proroga, si ritiene di poter fare riferimento ai chiarimenti di fonte ufficiale
a suo tempo resi (in primis, dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 31/2023).
In particolare, il differimento è
applicabile alle sole persone fisiche titolari di partita IVA che, nel 2023, dichiarano ricavi
o compensi non superiori a 170.000 euro (indicati nel modello REDDITI PF
2024). Deve trattarsi, in pratica, di contribuenti che, nel 2023, hanno svolto
un’attività d’impresa o di lavoro autonomo.
Dal
beneficio sono quindi esclusi:
- le persone fisiche titolari di partita IVA che nel 2023 dichiarano ricavi o
compensi di importo superiore a 170.000 euro;
- le persone fisiche “non titolari” di partita IVA, compresi i soci di società
e associazioni “trasparenti” ai sensi degli artt.
5, 115 e 116 del TUIR, sempre
che non siano titolari di una propria partita IVA (cfr. circ.
Agenzia delle Entrate n. 31/2023, § 1.2);
- i soggetti diversi dalle persone fisiche (ad esempio, le società di capitali
e di persone, nonché gli enti commerciali e non commerciali).
Sotto il profilo
oggettivo, l’emendamento richiama l’acconto “dovuto in base alla dichiarazione
dei redditi”.
In assenza di ulteriori indicazioni, si ritiene che, come lo scorso anno,
rientrino nella proroga, oltre all’IRPEF, anche le imposte sostitutive delle
imposte sui redditi dovute dai contribuenti in possesso dei suddetti requisiti
che si avvalgono di forme di determinazione del reddito con criteri forfetari,
oppure per le quali si applicano i criteri IRPEF di versamento dell’acconto.
Si tratta, in pratica,
dei seguenti tributi:
- l’imposta sostitutiva per il regime
di vantaggio;
- l’imposta sostitutiva per il regime
forfetario;
- la cedolare
secca sulle
locazioni di immobili abitativi;
- le imposte patrimoniali (IVIE, IVAFE e IVCA);
- l’imposta
sostitutiva per compensi da ripetizioni;
- la c.d. “tassa
etica”.
Tutte le citate imposte sono, infatti, liquidate nel modello
REDDITI.
Per
lo stesso motivo, dovrebbe rientrare nella proroga anche la maggiorazione degli
acconti d’imposta al cui pagamento sono tenuti gli aderenti al concordato
preventivo biennale (ex artt.
20 comma
2 lett. a) e 31 comma 2 lett. a)
del DLgs. 13/2024).
In merito alla verifica del
superamento, o meno, del limite di 170.000 euro, occorre fare
riferimento:
- ai ricavi, per gli imprenditori;
- ai compensi, per i lavoratori autonomi.
Per
il primo punto, rilevano i ricavi ex art.
57 del
TUIR, dichiarati per il periodo d’imposta 2023. Tale circostanza comporta che
occorre fare riferimento a tutti i ricavi indicati nell’art.
85 del
TUIR, ossia cessioni di beni e prestazioni di servizi oggetto dell’attività
d’impresa, contributi in conto esercizio, e così via (circ. n. 31/2023, § 2).
Per le imprese
familiari e
le aziende
coniugali,
occorre fare riferimento all’ammontare “complessivo” dei ricavi (e,
quindi, considerando anche la quota attribuita ai collaboratori familiari o al
coniuge del titolare).
Se
il contribuente esercita più attività, contraddistinte da codici
ATECO differenti, per accertare il mancato superamento della soglia occorre
sommare i ricavi e i compensi relativi alle diverse attività esercitate. Allo
stesso modo e per i medesimi fini, se vengono esercitate contestualmente
un’attività di lavoro autonomo e un’attività d’impresa, bisogna sommare i
ricavi e i compensi relativi alle diverse attività.
Per
i titolari di reddito
agrario,
che siano anche titolari di reddito d’impresa, il limite di ricavi e compensi
di 170.000 euro deve intendersi riferito al volume d’affari, risultante
dal rigo VE50 (“Volume d’affari”) del modello IVA 2024.
Se
il contribuente non è tenuto alla presentazione della dichiarazione IVA, rileva
l’ammontare complessivo del fatturato del 2023,
tenendo conto sia delle operazioni certificate tramite fattura, sia delle
operazioni certificate mediante memorizzazione e trasmissione telematica dei
corrispettivi.